La 50&Più ha comunicato al Governo e alle Commissioni
Parlamentari
il mancato rispetto degli effetti della Sentenza n.
70/2015 dell’Alta Corte, proponendo anche eventuali soluzioni per
restituire quanto dovuto ai pensionati.
A
cura di Gianni Tel
Dopo
il blocco della perequazione pensionistica 2012 e 2013 per effetto
della Legge (n. 214/2011),
ad agosto del 2015 circa 4 milioni di
pensionati hanno ricevuto i rimborsi a seguito della sentenza n.
70/2015 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità
di tale normativa, più nota come la legge Monti-Fornero.
L’attuale
Governo, con l’intento di dare una risposta di attuazione ai
principi enunciati dalla sentenza, con Decreto n. 65/2015 convertito
nella L. 109/2015 ha frenato l’applicazione integrale e automatica
della pronuncia e ha previsto un sistema di rimborso a scalare,
cercando di rispettare il principio dell’equilibrio di bilancio e
gli obiettivi di finanza pubblica con costi per lo stato di oltre 18
miliardi di euro, mentre con il sistema di rimborsi a scalare i costi
sono stati molto meno onerosi, e cioè 2,8 miliardi di euro che ad
agosto dell’anno scorso sono finiti nelle tasche dei pensionati.
Una restituzione assai parziale, mediamente meno del 12% del totale
della mancata indicizzazione della perequazione (v.
Tabella A).
Nel
grafico che si riporta è indicato l’arretrato riconosciuto
rispetto alla rivalutazione persa e sono
state sommate sia le perdite
che le restituzioni su tutto il periodo 2012/2016. Per un importo
pari a quattro volte il minimo Inps (1.873 euro mensili lordi e 1.491
netti) la perdita netta è di circa quattromila euro, la restituzione
ammonta a 853 euro, pari al 21% della perdita. Le corrispondenti
percentuali per importi pari a cinque e sei volte sono
rispettivamente dell’11% e del 5%.
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Intervento associativo
La
nostra Associazione 50&Più assieme al Patronato 50&PiùEnasco
sono consapevoli delle difficoltà che il Paese sta attraversando,
che lo sforzo verso una sua modernizzazione impone grandi sacrifici e
che, in questa fase, era necessario adottare decisioni meno onerose
rispetto all’esborso che sarebbe derivato da un’applicazione
integrale della sentenza. Tuttavia, riteniamo che il Decreto n. 65
non sia sufficiente per il ristabilimento dell’equità, da un lato,
perché quanto viene restituito è lontano dalle legittime
aspettative dei pensionati e, dall’altro, perché si presta ancora
una volta ad osservazioni e censure circa la sua conformità alle
norme costituzionali.
Quando,
ad esempio, la scelta di restituire meno della metà di quanto dovuto
per le pensioni tra tre e quattro volte il minimo e molto meno per
quelle tra quattro e sei volte il minimo possa ritenersi in linea con
le precise indicazioni della Corte riguardo alla proporzionalità e
all’adeguatezza delle prestazioni non solo all’atto della loro
prima liquidazione, ma anche a distanza di tempo, così da assicurare
un tenore di vita adeguato ai mutamenti del potere di acquisto della
moneta.
Inoltre,
quando si escludono dalla rivalutazione e dagli arretrati le pensioni
superiori a sei volte il minimo, questo non appare conforme alle
indicazioni della Corte, la quale afferma che si debbano contemperare
le giuste esigenze di bilancio con il diritto di tutti i pensionati a
non avere penalizzazioni che incidano in modo importante e definitivo
sui loro trattamenti pensionistici. La nostra Associazione, poi, ha
comunicato al Governo e alle commissioni parlamentari il mancato
rispetto degli effetti della sentenza n. 70/2015 dell’Alta Corte in
merito alla restituzione di quanto illegittimamente trattenuto ai
pensionati negli anni 2012/2013 e solo in parte recuperato. Nel
documento inviato sono state indicate anche
eventuali soluzioni da adottare prima che la stessa Corte si pronunci
nuovamente, considerato che tutte le pensioni in essere debbano
conservare nel tempo il loro potere di acquisto in modo
consequenziale per garantire ai titolari la giusta prestazione
adeguata.
A
dare ragione alla nostra tesi sono intervenute recentemente le
pronunce dei tribunali di
Palermo, Brescia e Milano oltre che le
Corti dei Conti dell’Emilia Romagna, Marche e Abruzzo: rimettendo
gli atti alla Corte Costituzionale, hanno dichiarato che con il
Decreto 65 convertito nella legge 109/2015 sono stati intaccati i
diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale; diritti che
trovano le proprie basi nei principi di ragionevolezza,
proporzionalità e adeguatezza sanciti dalla costituzione con gli
articoli 136, 38, 36, 3, 2, 23, 53 e 117 comma 1. Le ordinanze con le
quali sono stati rinviati gli atti sono ben motivate, riteniamo che
l’Alta Corte possa accogliere i profili di illegittimità rilevati
dalle citate ordinanze con conseguente pronunciamento in senso
favorevole per gli assistiti.
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Aspetti operativi
È
dunque necessario che tutti i pensionati, che hanno subito il blocco
della perequazione
e non si sono ancora attivati, si rivolgano ai
nostri uffici del Patronato 50&PiùEnasco, presenti su tutto il
territorio nazionale, per ottenere gratuitamente ogni chiarimento e
per inoltrare all’Inps la domanda di ricostituzione della pensione,
utile per interrompere i termini di prescrizione, nell’eventualità
che la questione fosse accolta. A tale riguardo si ricorda che -
salvo decorrenze successive - il primo rateo di pensione non
perequato si colloca a gennaio 2012 e che i termini di prescrizione
sono quinquennali; di conseguenza, per ottenere tutti i ratei
perequati, la domanda di ricostituzione deve essere presentata entro
dicembre 2016 (i ratei del 2012 andrebbero infatti in prescrizione
nel 2017).
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Previsioni, richieste e risposte
•
Per ora, la dote del piano pensioni del
Governo non supera il miliardo e mezzo e va dalla nuova flessibilità
in uscita per i pensionandi alla 14^ mensilità rafforzata per le
pensioni basse (o una estensione della “No Tax Area” come
alternativa). I conti stanno per essere annunciati quando il quadro
del DEF aggiornato dovrà indicare il pacchetto previdenza.
• Il nostro
sistema previdenza versa in una situazione molto seria dopo i
ripetuti e pesanti abbattimenti operati sulle pensioni, con i vari
blocchi della perequazione e contributi di solidarietà negli ultimi
nove anni la perdita del potere di acquisto è di oltre il 20%.
• Non meno
grave è la situazione pensionistica dei nostri giovani (vedi la busta
arancione), se non si realizzerà una urgente revisione dei
meccanismi di rivalutazione insieme ad una vera previdenza
integrativa che, ad oggi, non è ancora realmente decollata.
• Non siamo
pessimisti ma realisti. Le incertezze crescenti, le promesse vaghe
stanno creando molto panico tra i pensionati i quali hanno pochissimi
benefici fiscali sul loro reddito previdenziale, tassato alla pari
degli altri redditi, mentre sarebbe ragionevole e doveroso, oltre i
70 anni ridurre proporzionalmente il carico in funzione dell’età e
del livello certificato di autosufficienza, fino ad azzerare le
imposte oltre gli 85 anni.
• Comunque,
alle inique misure di dubbia legittimità costituzionale va data una
risposta. È sacrosanto per la nostra Associazione 50&Più
intraprendere tutte le azioni di tutela in sede legislativa e
giudiziaria, senza escludere alla fine di adire anche la Corte di
Giustizia Europea.
